HomeItalian NewsUna verità dolorosa: il male è tra noi

Una verità dolorosa: il male è tra noi



È come fossimo prigionieri dell’istante. Incapaci di uscire da un presente che non ha storia né un futuro capace di costruire memoria. Siamo inchiodati, condannati al qui e ora: ogni volta come fosse la prima, ogni volta sconcertati, increduli, sconvolti dal coltello dell’uomo qualunque. L’uomo qualunque che uccide perché non riesce advert abitare un mondo nel quale si è liberi in due, e dunque entrambi rischiano il tradimento, l’abbandono e il rifiuto. Gesti ai quali come noto, non si può opporre nulla: l’amore, se è vero, non passa per la volontà né per il dovere. Ha un’altra grammatica, estranea alla prevedibilità, al controllo, alla coercizione. Non servono dati Istat o manuali – se esistessero – per ricordarci che queste parole sono vere a metà. La nostra cultura non ha fatto ancora, fino in fondo, i conti con un passato nel quale le relazioni avevano un’altra forma: gli uomini avevano diritto a una donna, indipendentemente dallo standing, dal denaro e dal potere. Il rifiuto e lo scacco non erano previsti, sono un inedito nella storia e per capire l’effetto che hanno prodotto basta rivedere la disperazione del giovane Jamie nelle ultime puntate di Adolescence.

La storia pesa, ma per evitare che diventi danno, e sia, invece, di qualche utilità è bene conoscerla. Perché la ripetizione dei femminicidi, tutti diversi e tutti spietatamente identici, è resa possibile anche dalla nostra incapacità di accettare che il male, questo male, è tra noi. Eppure, chi uccide non si nasconde, al contrario, si mostra e si annuncia. Dichiara urbi et orbi il proprio intento: lei non è più mia, non merita di vivere. Perseguita, urla, picchia: sentono tutti nonostante la televisione accesa. Ma non chiamiamo mai le cose per nome: parliamo di coppie che litigano, non di aggressioni, minacce, persecuzioni. Così la realtà scompare e noi arriviamo dopo, quando è troppo tardi. Diciamo mai più, ma poi non bussiamo alle porte delle “coppie che litigano”, non chiamiamo per tempo la polizia, non fermiamo le aggressioni, non accompagniamo amiche, conoscenti e colleghe nei centri antiviolenza. Forse non sappiamo nemmeno bene cos’è, il 1522.

Non risultano segnalazioni, denunce, nemmeno questa volta. Non dovremmo stupircene, se la cultura ha, ancora, questa forma, le istituzioni appaiono agli occhi di molte donne ancora complici. Nonostante i molti passi avanti, nonostante l’inversione della curva segnalato dalle ultime rilevazioni, la sfiducia e diffidenza restano alte per ragioni che non stentiamo a comprendere. Resta aperta, così, una ferita inaccettabile, che non è una questione sociale ma politica. Le donne – dobbiamo ripeterci – sono la maggioranza della popolazione e se alla maggioranza della popolazione non è garantito l’esercizio della propria libertà, c’è un gigantesco problema di cittadinanza, di qualità della democrazia.

Occorre davvero essere ciechi, prigionieri di vecchi schemi – altro che ’900 che non si stacca – per non vederlo. La costruzione di una rete salda attiva in ogni parte del paese, nella quale le istituzioni tutte siano adeguatamente formate, in rete tra loro e collegate con i Centri Antiviolenza, è una priorità che la politica dovrebbe condividere senza dividersi. Perché senza fatti, lo sdegno genera sfiducia e la sfiducia distacco. I dati dell’astensione femminile sono chiarissimi, non capire che affondano lì, nelle parole non credute e nelle sentenze giustificatorie, vuol dire, davvero, essere prigionieri di un altro tempo. Invece la guerra alle donne deve finire, farla smettere tocca a noi.

RELATED ARTICLES

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Most Popular

Recent Comments