
A Gaza l’atmosfera resta sospesa. La tregua in vigore da una settimana sembra reggere, ma è molto fragile, con una tensione ancora non sopita tra Israele e Hamas che continuano a scambiarsi accuse e avvertimenti. A pesare è ancora il nodo dei corpi degli ultimi 19 ostaggi, reclamati subito dallo Stato ebraico, ma difficili da localizzare secondo la fazione islamista. La situazione è difficile anche sul fronte degli aiuti umanitari: l’apertura del valico di Rafah è attesa domenica, ma da lì dovrebbe essere consentito solo il passaggio delle persone e non dei tir. «Hamas deve rilasciare gli ultimi 19 ostaggi morti non entro settimane o mesi, ma immediatamente», è stata la richiesta del ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar, dopo che la fazione palestinese ha consegnato solo 9 corpi. «E’ una violazione dell’accordo», ha denunciato Sa’ar per aumentare la pressione.
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Hamas: il recupero dei corpi rallentato per mancanza di attrezzature
Hamas sostiene che il ritorno dei corpi degli ostaggi da Gaza potrebbe richiedere del tempo, poiché i corpi sono sepolti in tunnel presumibilmente distrutti da Israele o sotto le macerie di edifici che secondo l’organizzazione sono stati danneggiati durante gli attacchi israeliani. Il recupero dei corpi rimanenti, spiega Hamas in una dichiarazione ripresa dai media israeliani, richiede attrezzature per la rimozione delle macerie, che al momento non sono disponibili a causa del divieto imposto da Israele all’ingresso di tali strumenti. Hamas assicura di voler restare fedele all’accordo di Gaza e di essere disposto a consegnare tutti i corpi rimanenti degli ostaggi detenuti nell’enclave, sottolineando però che la colpa del ritardo è di Israele.
