HomeItalian NewsGiorgia ed Elly, il duello impossibile

Giorgia ed Elly, il duello impossibile


È la storia di un duello possibile, cercato, di sicuro utile a entrambe le protagoniste (sì, anche a Giorgia Meloni, che di un nemico forte avrebbe bisogno) ma largamente appassito per asimmetria del contesto. La premier a Castel Sant’Angelo parla a una platea di fervidi credenti che da nove giorni lavorano a sua maggior gloria, al termine di una passerella di alleati plaudenti, che esibiscono in ogni modo la loro sottomissione: persino Matteo Salvini il guastatore ringrazia, blandisce, chiama l’applauso rivelando di aver preferito il bagno di folla di Atreju al compleanno di sua figlia («Le dirò che non ci sono perché sto con voi»). A qualche chilometro di distanza Elly Schlein sale sul palco di un organismo burocratico, l’assemblea del Pd, che (si cube) ha stentato persino a radunare in queste giornate prenatalizie. L’evento marca l’ingresso ufficiale nella sua maggioranza di Energia Popolare, l’space che fa riferimento a Stefano Bonaccini, allontanando l’ipotesi di un congresso anticipato del Pd, e insomma siamo ancora agli “interna corporis” degli equilibri Pd, croce eterna di ogni segreteria democratica. Il confronto è stridente. E sottolinea con spietatezza la distanza di standing che divide le due competitrici.

La lontananza è estetica – da una parte una grande festa di piazza, popolare, partecipata, scintillante, dall’altra una riunione di dirigenti nel chiuso di un auditorium – ma anche personale e politica. Il centrodestra ha da tempo riconosciuto in Meloni «quella che ci fa vincere» e si è consegnato alla sua management in nome di un potere finalmente riagguantato, che nessuno intende mettere a repentaglio almeno finché non mostrerà cedimenti nei sondaggi. Nel campo progressista Elly Schlein non è percepita nello stesso modo. La sua volontà «testardamente unitaria» ha portato vittorie alle Regionali e in molte città, il suo schema di gioco funziona, e tuttavia la critica prevale sui riconoscimenti, i dubbi sulle aperture di credito. Alla vigilia del duello immaginario con Meloni, Giuseppe Conte ha detto con chiarezza che con lei, con il suo partito, con il suo mondo, non c’è nessuna alleanza: un colpo fatale all’thought stessa che le opposizioni giochino già nella stessa squadra e con gli stessi obbiettivi. E tuttavia se la sfida diretta è fallita, troppo sbilanciata per avere un senso politico, non ci sono dubbi che Elly Schlein ieri si sia conquistata il ruolo di nemico principale dell’universo meloniano. Sono state tutte per lei le stoccate della premier sul nannimorettismo (mi si nota di più se vengo o non vengo?), sulla mancata difesa dei lavoratori, sull’arruolamento di Francesca Albanese, sulla sinistra che rosica per i riconoscimenti alla cucina italiana, sul campo largo che è andato advert Atreju a confrontarsi (Conte, Renzi, Bonelli, Calenda, Magi) mentre la capa del Pd ha preferito sottrarsi. La posizione le gioverà. Essere fuori dal giro di quelli che Meloni ringrazia, alla effective, è un vantaggio. Dà un valore più alto alle accuse di Schlein sul carovita che galoppa, sui salari fermi, sulle priorità sballate del governo che pensa al premierato e non alla sanità. Respinta con danni dal tentativo di imbastire un faccia a faccia con la premier, la segretaria Pd se la potrà giocare dicendo: «Io sono quella che tiene ferma la trincea dell’opposizione, sono quella che non si è piegata alla passerella celebrativa» (sottotesto: come Conte).

No, il giorno dei due discorsi paralleli non è stato un duello, ma l’esatto contrario: la dimostrazione che Meloni gioca ancora in posizione di assoluto vantaggio, ha dietro di sé una coalizione, un popolo, un riconoscimento inossidabile. Ma risulterà anche la giornata in cui, dall’altra parte, a enumerare le mancanze del governo e a lanciare proposte different, c’period Elly Schlein e non altri.

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